martedì 1 dicembre 2009

Passeggeri

Parlami delle tue mani che hanno sempre accarezzato lacrime e sorrisi.
Parlami del tuo cuore e dei suoi battiti.
Portami agli anni che corrono per strade senza curve.
Parlami di ciò che vuoi, lasciami vedere negli occhi un lago pieno di barchette.
Raccontami di quando, tornando dalla fontana, il secchio, pieno di vita, ride.
(Federico Tavan)

La immagina dentro lo schermo del suo portatile da mesi, la conosce dentro un agosto caldissimo.
Si ferma sotto il portone dove lei gli ha dato appuntamento, spegnendo il motore e tirando il freno a mano per essere sicuro di non filare via. La strada fino a lì era nel tuttocittà nella pancia dello sportello.
Lei lo vede per la prima volta dal vivo dopo mille parole scritte e una sola telefonata. Dal balcone lo scruta fermarsi e inizia a scendere le scale. Quando si sistema sul sedile, lui pensa che il motore della macchina stia perdendo qualche colpo. Ma è spento mentre il vuoto di un precipizio si va invece creando. Lei è l’emozione più nuda che lui abbia mai avuto. Abbronzata con le gambe che finiscono da qualche parte sotto il sedile, si toglie i sandali. Un segno di intimità che lui traduce nella lingua di altrettanti gesti, stropicciandole le guance con le dita, prima di baciarla. Per la prima volta, quasi subito. Lei si appoggia al suo petto. Nasconde il viso tra il collo e la spalla di lui, come se avesse finalmente trovato un posto da non perdere. Gli sfiora la bocca con l’indice, disegna il profilo con un’unghia. Lui unisce i nei sulle gambe magre, sotto l’orlo della gonna. L’abitacolo è il loro respiro impressionato e sconosciuto. I sedili slittano sotto i finestrini aperti mentre la luce della canicola riverbera sull’asfalto. E quello sembra l’unico posto dove stare a diciott’anni.
Quando si congeda, l’ultima cosa che le guarda sono le gambe senza vederle finire anche stavolta, da dietro lo sportello. Le fa cenno con la mano, gira la macchina e sbraccia nell’aria.
Lei rimane a piedi uniti a fissarlo, sotto l’ombra del palazzo di lato.
Lui gira l’angolo e non tira le marce. Non ha mai avuto bisogno di farlo. Percorre la discesa pensando che potrebbe scendere a patti con qualsiasi futuro pur di averla ancora accanto a sé, passeggera del suo stesso volo. Attraversa l’incrocio col semaforo lampeggiante appeso e non vede il camioncino impazzito che sopraggiunge di lato.
Lei muove un passo verso il portone di casa. Sente un rumore lontano tra il silenzio improvviso delle cicale, rapido come un lieve presagio. Alza la testa, bevendo il cielo con gli occhi, sorride. Pensa all’estate che è davvero cominciata. Riflette sui momenti piccoli, i più belli della vita, che la tengono lì. Aggrappata al mondo, pronta al decollo.