giovedì 19 aprile 2012

Mamma Gambalunga

E’ la prima estate della sua vita senza compiti. Si tratta di partire per il mare con due pesci rossi in bottiglia e tutto ciò che non si immagina a dieci anni.
Quando vede il libro che la mamma gli mette in valigia pensa ad un errore nonostante le spiegazioni. Papà Gambalunga va letto un capitolo al giorno e riassunto ogni sera. Senza reclami, c’è da vivere l’estate colorata di un’orfanella che forse ce la fa, come spesso, grazie a qualcun altro.
Dopo pranzo inizia, mentre la sorella gioca in terrazzo con il secchio e le biglie che erano sue. Legge il primo capitolo di “un libro da bambine” e scrive svogliato dieci righe sul quaderno. A cena presenta il lavoro e chiede spiegazioni sul romanzo. La mamma pare saperne quanto lui.
Il giorno dopo scarabocchia le parole sistemando punti e virgole, attenendosi al testo. La mamma legge distratta il lavoro che procede.
Giorno dopo giorno, per tutto luglio, l’orfanella Abbott esce dall’istituto in cui si trova e si siede accanto a lui: gli sussurra una storia diversa. Della sua passione per la scrittura che va oltre un libro che neanche una mamma ha letto come vorrebbe far credere. Gli narra delle storie che ti trovano quando meno te l’aspetti, semplicemente immaginando. Dovunque, un racconto da cogliere, anche nei compiti che ti scelgono, a dieci anni, come in seguito.
Il primo libro della sua vita era stato scelto da qualcun altro, abbandonato sul comodino con il segnalibro che scalava le pagine distratto, nonostante tutto. Ma insieme c’era il quaderno con la storia di quello che sarebbe stato Papà Gambalunga, se solo qualcuno, in quella casa, avesse letto il libro. Lì c’era la prima bozza sghemba di un racconto che solo lui conosceva, con gli stessi personaggi di Webster. Il suo primo, breve, romanzo su fogli a quadretti, in cui scoprì l’amore timido per le realtà diverse che vedeva nella sua mente. La trama parallela che la mamma leggeva ogni giorno chiudendo il quaderno, non sapendo che negli anni ne avrebbe comprati altri per assecondare le vite dei personaggi di suo figlio. Assistendo inconsapevole alla nascita di una storia che avrebbe conosciuto solo leggendo, un giorno. Quella di Mamma Gambalunga.

martedì 3 aprile 2012

The lift


Esce ravviandosi i capelli. Attenta a non sorridere troppo, gli fa l’occhiolino, muovendo le dita a saluto fugace e sensuale.
Lui rimane seduto sul corrimano, attaccato alla parete dell’ascensore. I pantaloni slacciati e la camicia penzolante.
L’ha masturbato al 36esimo piano. “Pressroom” indica la targhetta sulla pulsantiera. Pullulante di fotografi e giornalisti durante il giorno, alle 4 di notte solo due figure scomposte che si salutano nel buio.
Senza lasciare tracce se n’è andata in bagno, perdendosi nel piano. Lui non ha intenzione di aspettare, spinge il pulsante e riscende.
Il guardiano all’entrata lo lascia passare, ferma un taxi e sale. Direzione Tribeca.
Il buio in casa gli restituisce la sagoma di lei sul letto. Il respiro regolare e il profumo della pelle. Congeda la baby-sitter che dorme sul divano con la tv ancora accesa e le regala 50 dollari in più. La doccia lo attende, calda e scrosciante.
Quando s’infila nel letto, la sveglia del giorno prima suona. La zittisce con un colpo secco e si gira dall’altra parte. Sente socchiudere la porta. Lei entra e si sdraia accanto. Lui la tiene stretta, baciandole i capelli che sanno del balsamo della sera prima.
«Papà» fa lei.
«Dimmi amore» le sussurra all’orecchio.
«Sono felice per la gita di domani, lo sai? La maestra ha detto che possiamo fare le foto. Mi presti una delle macchinette?» gli domanda.
«Certo tesoro, domani mattina la scegli. Magari una di quelle piccoline, va bene?». Lei annuisce nel silenzio.
«Ho paura a salire così in alto, papà»
«Dall’Empire vedrai tutta New York amore mio. Ci sarà solo tanto vento»
«No, ho paura dell’ascensore, papà»

lunedì 26 marzo 2012

Tu, io

Diglielo, no? Ora che si è seduto tra la gente. La faccia di chi ha troppi sogni e ne sceglie uno al giorno. Non fissarlo, vai lì e sputagli la verità. Mostragli il cappotto e la cravatta. E già che ci sei, apri le mani e regalagli i tuoi due cellulari. Sfilagli il suo senza credito dai jeans larghi. Digli che ti rifugi sotto la metro per non sentire nessuno, almeno dieci minuti al giorno. Strappagli di mano quel libro che hai adorato e tira fuori le carte che hai nella borsa adesso. Gettagli in grembo il futuro di un uomo d’affari che ha falsificato se stesso con una penna di marca. Che non è capace di amare una donna senza pagarla. Che si racconta che un giorno s’è acceso una sigaretta, ma ha bruciato la sua vita.
Perché non ti siedi a fianco a lui, gli dai di gomito e gli sussurri che una volta era così anche per te, dentro quei vestiti presi a caso? Solo quindici anni fa, il libro, l’abbonamento della metro e la donna al telefono, sempre la stessa. Mostragli chi sarà, fagli la recensione del film della vita che reciterà. Togli lui la folle felicità del lanciatore di coltelli cieco.
Spiegagli che una lei, da sola, può portargli via tutto. E raccontagli anche di non fermarsi disperato dopo che se ne sarà andata. Digli di quante ne vedrà passare dai finestrini bagnati dei treni, da oblò di navi in partenza salpate di corsa. Illustragli che un dibattito non sono rutti tra amici, ma che quelli almeno divertono rispetto ai discorsi che sei costretto a fare ora.
E portalo giù, lui che vola tutti i giorni verso i propri sogni, tu che l’hai fatto una sola volta nell’ultimo anno e t’hanno legato ad una flebo per riacciuffarti dall’overdose. Prendilo a schiaffi se ora la sua disperazione risiede nel minuto dopo un esame andato male. Diglielo che la tua dura da una vita ormai. E non provare a piangere. Non adesso che hai trovato te stesso e non è troppo tardi, forse. Parlaci.
Guarda, ti sta fissando. Eccolo. Ti ha riconosciuto come hai fatto tu appena è entrato nel vagone. Con gli occhi indica un punto nel futuro. Te: lui tra quindici anni. Dai, prima che scenda… ora che ce l’hai ad un palmo…
«Michele»
«Prego?»
«Niente, stavo solo cercando… qualcuno»

giovedì 2 febbraio 2012

Dalle due alle due e mezza


Quando c’è bisogno di lui, l’avvocato alza il telefono e compone il numero del cellulare. Il tagliatore riconosce la provenienza e riattacca senza rispondere. Nelle 24 ore successive gli viene fornita la mail con la descrizione del soggetto da liquidare, una foto e le sue mansioni nello studio.
Il lunedì successivo di solito, il tagliatore si presenta come un qualsiasi cliente alla porta. Entra e si accomoda in sala riunioni. Ad attenderlo c’è sempre la sua vittima, ignara in giacca e cravatta.
Lo studio ha cominciato ad utilizzarlo quando c’è stata la prima necessità, dopo soli due anni dall’apertura della sede di Roma. L’avvocato è stato il primo a contattarlo su incarico del fondatore. Dopo tanto tempo è ancora lui a chiamarlo e ad inoltrargli i profili delle vittime.
Il tagliatore di teste ha un volto solo per i quattro dello studio presenti al primo contatto molti anni or sono. Nessun altro lo conosce o lo vede così spesso da ricordarlo. Invisibile col suo doppio petto scuro e le scarpe impeccabili, è solo la vittima ad imprimerlo nella sua mente e a non dimenticarlo più. Arriva dopo aver concordato l’appuntamento direttamente con lui ed in mezz’ora sistema la faccenda. Dalle 2 alle 2 e mezza. Nessuno sa cosa dice o come. Il giorno dopo il socio non si presenta più in studio per il resto dei suoi giorni.
Quel lunedì però la storia si ripete variata. Dopo 25 anni di servizio, il tagliatore sta per terminare la sua collaborazione con lo studio. A sbrigare la faccenda c’è l’avvocato, beffardo gioco delle parti in cui si trova catapultato oggi. The head cutter cut by the staff.
Suona il campanello e l’avvocato lo attende già in sala riunioni. Si accomoda alle due in punto. Impenetrabili si salutano con una stretta di mano che non lascia scampo. L’avvocato prende fiato e parla.
Il tagliatore annuisce senza fermarlo. Ripercorre tutta la sua vita professionale parlando di loro e degli obiettivi raggiunti, dei servigi resi negli anni, dell’aria di rinnovo nel personale che colpisce anche quelli vecchi e navigati come loro. Rimane in silenzio anche quando l’avvocato mette sul tavolo la valigia nera raccolta da terra. La liquidazione parla chiaro. Un milione di euro in contanti. Tutto ciò per sistemare la faccenda scomoda dopo anni di onorato servizio.
Il tagliatore si alza, chiude la borsa e gli stringe la mano. L’avvocato lo congeda sull’uscio alle 2 e 14.
Quando gli altri tre soci entrano nella stanza per essere informati sull’esito dell’incontro, è già al telefono con un cliente. Fa cenno loro di sedersi e il suo collega posa sul tavolo la valigia nera. Comprende il senso profondo dell’incontro di pochi minuti prima. Riattacca in fretta e li guarda in faccia con gli occhi di chi ne aveva fatte tante e le ricordava tutte. Con loro. «Lasciatemi qualche minuto da solo» sussurra.
Rimane immobile, adagiato sulla poltrona a guardare la città dall’attico dove è arrivato parecchi anni prima. Col solo pensiero che alla fine è toccato anche a lui. Solo che non può essere liquidato come gli altri. Non la solita procedura, non un associato del suo calibro. Spera che quella borsa col milione arrivi a sua moglie intatta, senza macchie. Il sacrificio del lavoro di una vita. Il testamento da liquidare. Seduto sulle macerie, prima della fine, aspetta senza fretta. La pallottola lo colpisce in piena fronte, nel silenzio. Alle 2 e mezza il tagliatore esce dallo studio per la seconda volta quel giorno.

lunedì 23 gennaio 2012

E' facile confondersi


Stamattina affronti i marciapiedi con sandali infradito, una minigonna jeans ed una canottiera bianca che ti lascia scoperta la schiena. A scalare la tua mente 15.000 canzoni che risalgono i fili bianchi dell’I-Pod.
Chiavi in mano entri nel parcheggio in riva al mare. Hai letto l’oroscopo, “Cambiamenti repentini ti regaleranno il futuro”, fatto la doccia col tuo bagnoschiuma alle erbe e districato i nodi dei lunghi capelli ora al vento. Eserciti la tua impegnata solitudine. Alla ricerca della macchina.
Arrivi dove credevi che fosse, ma lo spazio vuoto, non lascia scampo.
Si sa, nei parcheggi è facile confondersi.
Giri su te stessa, muovi lo sguardo oltre le decine di ruote e colori presenti a quell’ora. Che stupida, eccola là.
Tra voi, migliaia di canzoni risuonano vorticose.
Arrivi che sai di esserti sbagliata. Di nuovo. Osservi il percorso fatto. Tutto giusto. Aygo grigia, ma non riconosci la targa né l’abitacolo.
Controlli l’ora e l’impazienza gira le lancette.
Quello che fai è raggiungere il posteggiatore che vende quotidiani a metà prezzo. “Al solito posto Lara, dove l’hai messa ieri sera”.
Solo che il parcheggio si dilata. Dopo mezz’ora sei rassegnata. Siedi tra anime di latta provvisorie. Colorate, raccontano la vita di ognuno. Seggiolini per bambini, secchielli che spuntano dal portabagagli, peluches infilati nei sedili, cicche sghembe nei posaceneri.
Nella tua hai lasciato il tuo lavoro, qualche notte rubata con uomini amati da lontano, amici sul sedile posteriore. Chilometri dentro al motore, libri che allevano parole, fotografie familiari.
Hai parcheggiato la tua vita in mezzo alle altre e non ricordi dove. Nei parcheggi è facile confondersi. Si sa.
Quando la scorgi capisci. Ferma al sole sulla riva, due bambini rimbalzano il pallone contro l’abitacolo bruciato. I vetri infranti accolgono la sabbia molesta e gli schiamazzi.
Quando ti avvicini alla scatola raggrinzita neanche i sedili a salutarti. Il telaio incornicia la sabbia rovente di mezzogiorno.
Sfiori col dito i graffi rossi sul lunotto posteriore e comprendi che lì si è sparata un colpo in bocca. La tua vita.
Scegli il compromesso di una metropolitana, stamattina. Resta il tempo di cercare qualcuno da rendere felice, farsi un paio di amici veri, pagare i conti e ritirare il saldo scritto di fianco al “TOTALE”.
Stai attenta però. E’ facile confondersi.

lunedì 16 gennaio 2012

Marilyn


A fianco c’erano Patty Pravo e Monica Vitti. Davanti Greta e Mina.
La brezza marina scontornava la serata fresca raggiungendoli anche lassù, sotto i riflettori di quel piccolo palco allestito sulla sabbia.
La telefonata l’aveva trovato il pomeriggio precedente. Anna Oxa aveva detto: “Fregene, stabilim Blue Marlin ore 21. In tiro per un’altra serata di 40enni”.
Era lì, tra occhiate curiose e salsedine. Patty gli diede uno spintone mentre lo incitava, muovendo la testa. Quella sera il trucco alla Marilyn sembrava nasconderlo meno del solito. La verità è che da quando aveva incontrato Michela, troppi pensieri lo trattenevano nell’accettare quelle serate.
Dal basso si brindava alle loro movenze sinuose, ridendo con gli amici. Ormai più di un centinaio di persone affollava lo stabilimento, illuminato dal chiaro di luna e dalle fiaccole disposte intorno al perimetro. Le luci presenziavano in cima al palco, rischiarando solo chi vagheggiasse il desiderio di mettersi in mostra.
E come spesso capitava c’erano loro, almeno nella prima parte della serata. A scaldare gli animi in attesa che l’alcool e la coca avessero il sopravvento sulla timidezza degli avventori. A quel punto il quattrometriperquattro in legno allestito non sarebbe bastato più. Anticamera di chi avrebbe proseguito la serata più giù, da basso, a consumarsi fino all’alba.
Le aveva semplicemente detto che andava una festa. Si sarebbero sentiti l’indomani, amandosi. Senza spiegazioni dopo sole tre settimane dalla prima volta.
Mimò il gesto a Monica e scese la scalette per fumarsi una sigaretta. Il vestito bianco lo fasciava in vita stringendolo più del solito. Raddrizzò il seno storto palpandolo deciso.
Fu quando appoggiò il filtro tra le labbra macchiandolo appena. Fu quando l’unica reazione lo nascose dietro la tenda alla base del palco. Fu mentre il roscio insisteva con la fiamma accesa. Fu quando riconobbe i suoi occhi e allora la scia dei suoi passi veloci accolse la sigaretta spenta e sghemba. Fu lì che la vide. Tra sbuffi di sabbia alzati dal tacco bianco.
La Oxa lo bloccò all’ingresso del bagno. Riuscì a dire che stava bene, una rinfrescata, serata afosa.
La realtà è che Michela non sapeva nulla delle sue serate, soprattutto a pagamento. Della sua vita facile di notte. Trasformista e anonima. Senza amori. Senza mai poter pensare di trovare un giorno la sua donna a pochi metri.
Doveva andarsene. Nonostante il vestito e la parrucca. A dispetto del trucco e del seno di nuovo stravolto. Malgrado tutte quelle persone con le quali mischiarsi. Il rischio di farsi scoprire così… così biondo!, avrebbe significato perderla. Forse per sempre.
Sostò allo specchio non guardandosi veramente. L’ombra gli passò accanto preceduta dal profumo. Lei gli sorrise allo specchio mentre era ancora paralizzato. «Bel vestito!» commentò con il lucidalabbra tra le dita. «Quando la moglie è in vacanza è un film che adoro! Lei… scusami, TU» e rise «sei semplicemente meravigliosa!».
Si mosse abbassando lo sguardo sulla borsetta solo quando Michela prese a disegnare il contorno delle sue labbra.
«Vi ho visto lassù, tutte quante. Ahhh, invidio la capacità di divertirvi e di trasformarvi, ogni tanto vorrei avere anche io le sembianze di Marilyn o della Oxa qui fuori. Senza barattare mai quel po’ di talento che ho con il suo riconoscimento. Senza tacere mai o adattarmi. Scambierei il mio essere donna vera con la tua ricetta stasera. Anche scaduta.»
Lui mugugnò con lo sguardo basso e le mani tremanti.
«Solo che poi…» continuò schioccando le labbra, ammirandosi «… Solo che poi chi glielo dice?»
Richiuse tutto nella borsetta, sistemò la gonna e gli passò di nuovo alle spalle sorridendo nello specchio. «Chi glielo dice al mio ragazzo che sta con una che di notte è morta da più di quarant’anni?» e rise. «Buonanotte Mary, buon lavoro!».
La scia del suo profumo era ancora lì quando Lorenzo salì in macchina, verso casa. Un’ora dopo.

lunedì 9 gennaio 2012

Me muero


Io non mi ero mai veramente innamorata di un uomo, ma mi sono innamorata di lui. Già quella mattina, credo. Tra Los Lobos e Aguilas, quando il traffico non ci ha lasciato alternative. E quella canzone impazzava alla radio, nella macchina.
Facevo colazione sempre nello stesso posto. Lui la fece con me quella mattina. E ancora per un po’, dopo. I lavori in corso mi costringevano ad alzarmi un’ora prima, a stropicciarmi il tailleur sul sedile e a sfilarmi i sabot in macchina già dopo dieci minuti. Insofferente come tutti nelle auto intorno. Fermi a sentirsi immobili, quando si ha voglia solo di andare.
Dopo la coda lenta sulla statale, il caso lo ha fatto fermare al mio stesso autogrill. Me lo sono ritrovato di fianco al bancone del bar. Tra churros e caffè. Gli ho sussurrato “Gracias” la prima volta, senza dirgli più niente poi. Mi aveva passato lo zucchero, senza guardarmi veramente. Lo avevo fissato di nuovo, riconoscendolo, senza muovermi veramente. Ho sperato più volte di dirgli altro, ma non ci sono mai riuscita. Mangiava di fretta, ripartiva dal piazzale e se ne andava sotto il sole d’agosto. Lasciandomi lì. Ogni giorno appesa al bancone, a fissare il vuoto. Crollavo in macchina e ripartivo verso l’ufficio.
Alla fine ho trovato il coraggio, dopo dieci giorni. Gli ho detto «Café?», precedendolo, euro alla mano. Tra lo stupore della cassiera ed il suo, ha detto di sì. Non abbiamo fatto più colazione.

La stanza era sempre la stessa, di fianco al bar. L’appuntamento fisso, alle otto. Chi primo arrivava con la sua macchina, pagava alla cassa, ritirava la chiave ed aspettava l’altro sotto le lenzuola. Senza mai aspettare tanto, mai fino in fondo. Per la prima volta, avevo voglia di sentire un uomo dappertutto. Senza sosta. E lui mi ha dato tutto ciò che desideravo. Sempre fino alle nove, solo dal lunedì al venerdì. Mai al di fuori di quella stanza. Dopo esserci assopiti, ci rivestivamo, riconsegnavamo le chiavi e ripartivamo verso la vita di quel nostro mese d’agosto. Sempre su due macchine diverse. Nessun numero di telefono, due nomi da single, una stanza sulla strada per Cabo Cope ed un appuntamento rinnovato di continuo. E’ andata avanti fino alla fine di settembre.

Una domenica le mie amiche han fermato la macchina sullo stesso piazzale dei miei incontri settimanali. La spiaggia ci attendeva qualche chilometro più in là. Ho fatto colazione come non capitava da un po’, evitando di pagare alla cassa e bevendo il caffé col cappellino calato sulla fronte, sguardo attento e divertito che nessuno riconosceva. Lei aveva un frangetta bionda e due figli che portava al bagno lamentandosi con qualcuno, poco distante. Quando è entrato ho provato quel sussulto di ogni mattina e della prima volta che l’ho visto. Fremito sconosciuto dal finestrino della macchina con una canzone nella testa ed un agosto ancora tutto da finire. Non che avessi mai chiesto se avesse una famiglia, non che ci fosse bisogno di saperlo.
Mi sono alzata, con la borsa più pesante, gli occhiali scuri indosso. Sono andata in bagno passandogli alle spalle, senza che mi notasse.
Lì ho finto di lavarmi le mani, con calma. Assaporando la scena familiare dallo specchio. Due bambini deliziosi, un maschio e la femmina più grande. Lei identica al papà, stessi occhi che faranno impazzire qualcuno un giorno. Me li immaginavo insieme, a passeggio sotto casa, da qualche parte, padre e figlia alla conquista del mondo. Bellissimi, che contrabbandavano la passione con l’affetto. Spesso.
Mi sono girata e le ho detto: «Ha una sigaretta da offrirmi?». Ha sorriso e me ne ha data una, mentre rivestiva il più piccolo. «Grazie di tutto» l’ho salutata uscendo dalla porta. Senza che capisse, ho atteso le altre in macchina.

Il giorno dopo ho preso due espressi al bar, assieme alla chiave. L’ho visto arrivare nel piazzale e gli sono andata incontro. Ho sentito le sue mani addosso già prima di entrare o di rendermi conto che sapevamo di caffè in bocca. L’ho sentito in fondo, fino allo spasimo. «Me muero» gli ho detto quasi soffocando. Quando l’adrenalina si è sciolta, sopraffatta dal sonnifero che gli avevo messo nel caffè, ho acceso la sigaretta del giorno prima, poggiandola sulle lenzuola gualcite. Vicino al corpo nudo che dormiva. Sono salita in macchina. Alzando il volume del cd sulla statale, ho ascoltato la canzone come fosse quella mattina. Quando mi sono innamorata.

lunedì 2 gennaio 2012

Il 2011 è stato anche questo...


NEL CASSETTO 2011

  • 22/11/'63 - S. King ****½
  • Parola di cadavere - A. Vitali ***
  • Miglio 81 (e-book) - S. King ***½
  • E' nata una star? - N. Hornby ***+
  • Mr Gwyn - A. Baricco ***½
  • Jordi Anfruns, sociologo sessuale - M. V. Montalbàn **
  • Cosa tiene accese le stelle - M. Calabresi **
  • La separazione del maschio ****
  • Una casa alla fine del mondo - M. Cunningham ***½
  • Giudici - Camilleri, Lucarelli, De Cataldo ***
  • Tre storie d'amore - M. V. Montalbàn ***
  • Casimiro Roléx - F. Di Mare **
  • La gente che sta bene - F. Baccomo ***
  • Al sangue - M. B. Bianchi ***
  • Magari disturbiamo - M. Colombo ***½
  • L'attesa - C. Vangelista ***½
  • Le regole - M. Picozzi ***
  • Falene - D. Carrisi ***½
  • Tatuaggio - M. V. Montalbàn **½
  • Scrivere è un tic - F. Piccolo **½
  • Settanta acrilico, trenta lana - V. Di Grado ***
  • Nostra signora delle patate - E. Baldini **½
  • L'incontro - M. Murgia **½
  • Nero come il cuore - G. De Cataldo ***
  • Day Hospital - V. Evangelisti **½
  • Il palio delle contrade morte - Fruttero&Lucentini ***
  • Il fratellino - M. V. Montalbàn ***
  • Evil - M. Buticchi **½
  • Serpenti a sonagli - I. Welsh ****
  • Le luci nelle case degli altri - C. Gamberale ***½
  • Le voci intorno - M. P. Ammirati ***½
  • Teneri assassini - G. De Cataldo ***
  • Sol levante e pioggia battente - M. Malvaldi **½
  • Kosher Mafia - L. Di Fulvio ***½
  • L'ombra del falco obeso - G. Cappelli ***-
  • Dove sono andati a finire i soldi - K. Canty ***½
  • Le nevi del Kilimangiaro - E. Hemingway ***½
  • Un amore di marito - S. Casati Modigliani *
  • Elisabeth - P. Sortino ***½
  • Ebo e Gina - G. B. Guerri **½
  • I mari del sud - M. V. Montalbàn ***½
  • L'entrata di Cristo a Bruxelles, Senza nome - A. Nothomb ***
  • E' proibito amare - M. Desiati **½
  • Miracolo inevitabile - E. Nesi ***½
  • Momenti di trascurabile felicità - F. Piccolo ***½
  • Voi non la conoscete - C. Comencini ***½
  • La targa - A. Camilleri ***½
  • Una vita sottile - C. Gamberale ***
  • L'amore quando c'era - C. Gamberale ****
  • Arrivano i NAM - P. Colaprico **
  • L'amore del mondo - D. Bignardi **
  • Rapimento in famiglia e altri racconti - J. Fante **
  • Nessuno si salva da solo - M. Mazzantini
  • Sotto la luna - C. Lucarelli **
  • Profezia - S. Veronesi ***
  • Un karma pesante - D. Bignardi **
  • Diario di un killer sentimentale - L. Sepùlveda ***½
  • Lince - S. Avallone ***+
  • Tua - C. Pineiro ***
  • Super Santos - R. Saviano ***
  • Mr. Vertigo - P. Auster ***
  • Non vi lascerò orfani - D. Bignardi ***½
  • Se hai bisogno, chiama - R. Carver **½
  • Il profumo delle foglie di limone - C. Sanchez ***
  • Il suggeritore - D. Carrisi ***½
  • La solitudine dei numeri primi - P. Giordano ***
  • Trilogia della città di K. - A. Kristof ***½
  • Mia suocera beve - D. De Silva ***
  • Notte buia niente stelle - S. King ****
  • XY - S. Veronesi ***½
  • Libri letti: 70

GLI OSCAR 2011

  • Il concerto ***½
  • Lo spazio bianco ***
  • I segreti di Brokeback Mountain ***½
  • Crazy, stupid, love ***½
  • Shine ***+
  • Come lo sai **
  • Midnight in Paris **½
  • Habemus papam ***+
  • Et in terra pax ****
  • Una casa alla fine del mondo **½
  • Last Night ****
  • Amici di letto **
  • This must be the place ***½
  • Il gioiellino **½
  • L'alba del pianeta delle scimmie **
  • Drive ***½
  • Super 8 **½
  • Jarhead ***
  • Uomini che odiano le donne ***½
  • 20 sigarette ***
  • Blow **½
  • Cose dell'altro mondo ***
  • Come ammazzare il capo e vivere felici **
  • Paycheck **½
  • Silvio forever ***
  • C'è chi dice no ***
  • Femmine contro maschi **
  • Sharm el sheik - Un'estate indimenticabile **
  • Il Truffacuori ***+
  • SOS - Summer of Sam ***½
  • La vita facile ***
  • Manuale d'amore 3 **½
  • Black Dahlia **
  • Una notte da leoni 2 **
  • La versione di Barney ***½
  • Truman Capote - A Sangue Freddo ***+
  • Agorà **½
  • Uomini senza legge **½
  • Red **½
  • Il responsabile delle risorse umane ***½
  • Redacted ***+
  • The Killer Inside Me ***
  • The Tourist **½
  • The Robber (L. O.) ***½
  • Non lasciarmi **½
  • I ragazzi stanno bene ****
  • Source Code (L. O.) **½
  • The adjustment bureau (L. O.) - **½
  • The Company Men ***½
  • Limitless (L.O.)***
  • The Fighter ***½
  • The next three days (L. O.)***½
  • Natale in sudafrica **
  • Boris - Il film ***
  • Another Year ***
  • We want sex ***
  • Immaturi ***
  • Nessuno mi può giudicare **½
  • Oggi sposi **½
  • Mine vaganti ****
  • Stone **
  • Fair Game - Caccia alla spia **½
  • Winter's bone (L. O.)***+
  • Rabbit Hole ***
  • Love & other drugs (L. O.) **½
  • Draquila - L'Italia che trema ***½
  • Il discorso del Re ***
  • 127 Hours (L. O.) ****
  • Maschi contro femmine **½
  • Biutiful ****
  • Black Swan (L. O.)***½
  • Damages - Prima Stagione (13 episodi) ***½
  • Miami Vice **
  • Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni **½
  • The Town ***
  • Vi presento i nostri ***
  • Somewhere **½
  • Cella 211 ****
  • Lebanon ***½
  • Fuori controllo **½
  • Il Profeta ***½
  • Brotherhood - Fratellanza ***
  • Serie tv: 1
  • Film: 81

CONCERTI 2011

  • Hermann - P. Benvegnù (Circolo Artisti - Roma) ***
  • Totale concerti: 1

CITIES 2011

  • NYC *****
  • Totale città: 1

domenica 1 gennaio 2012

La domenica dimenticata


Al 24’ del primo tempo un tifoso dà di gomito all’amico: «Ma quanto stanno?». Quello sputa il fumo dalla bocca insieme alla cicca e dice: «Non lo so. Non me lo ricordo». La domanda si insinua come una hola tra gli spalti ed il rumore sale. Il tabellone oscurato dalla pubblicità, non risolve l’enigma. Guardando l’impeto dei giocatori viene da pensare che tutti stiano perdendo. Tanto a poco, forse. Qualcuno decide di ascoltare la radio, ma i più non ricordano il nome delle squadre in campo. I calciatori attaccano nel disinteresse. Chi invia sms reclamando conoscenza, non sa che scrivere nemmeno con l’abbonamento alla mano. Con le sciarpe e le bandiere addosso si cerca di comprendere per chi urlare. Pur non ricordando il motivo dell’orgasmo. Chi rinuncia con pudore, saluta il vicino e promette di venirne a capo presto: «Ci si vede alla prossima». Il gol di una squadra viene accolto dal silenzio generale. Tifosi interdetti si siedono sperando che l’amico accanto gli dica di bestemmiare, almeno. Ma nessuno sa altro: alla fine del primo tempo ci si conosce ai bar parlando di cinema.
La notizia si diffonde rapida. I presidenti delle squadre in tribuna leggono il comunicato congiunto: “Non c’è altro, non c’è futuro, non c’è vittoria”. Chi lascia l’abbonamento prima del tornello, ha in regalo un accendino sequestrato. Quelli delle televisioni riprendono la valanga che vuota lo stadio mentre i giocatori sono già sui pullman con l’i-pod nelle orecchie e la carriera nei panni sporchi per l’ultimo lavaggio.
Al 90’ di una partita che ha scordato un tifoso digita il numero di casa dal cellulare: «Tesoro, sto tornando. Ti porto a cena fuori». La moglie chiude la tv. Dentro ali di sole di un pomeriggio estivo indossa il vestito di seta. Raccoglie i capelli davanti allo specchio in una domenica che aveva dimenticato.