giovedì 7 aprile 2011

Per sempre (parte seconda)

[Clicca qui per leggere la Prima Parte]

Riuscì ad arrivare trafelato all’appuntamento nonostante il pomeriggio libero passato in giro ad arredare il tunnel in cui era rinchiuso dalla mattina.
Un tavolo a suo nome. Ovviamente.
Si sedette in attesa ed ordinò del prosecco.
Il cameriere fu rapido, lo colse di lato, assorto nei suoi pensieri ed insieme al calice vide la busta. L’ultima, sperava.
Si guardò intorno e decise che non fosse prudente aprirla lì. La tastò ed individuò il cd.
In bagno lesse il resto quasi sbavando: “Ti restituisco la tua vita. Ridalle la sua, il marito che ama”, laconico.
Lei arrivò emozionata e sorpresa, quanto lo era stata quando la segretaria del marito le aveva riferito il messaggio con l’appuntamento, senza preavviso. La vide per primo ed andò a prenderla, alzandosi dal tavolo.
Quasi non credeva ai suoi occhi. Il tempo di quella giornata che non si era vergognato mai di essere crudele, gli riconsegnava stasera sua moglie, intatta, con  l’amore che leggeva nei suoi occhi, puro. Senza rumori, come spesso accade quando si ama.
Le diede l’anello poco dopo, tra la prima e la seconda portata. L’estasi non li abbandonò mai. Lei gli strinse la mano con la sua per il resto della cena lasciandogli intendere che quella notte non se la sarebbe cavata con dieci minuti di straordinario sotto le coperte, nella stanza da letto nuova.
Quando il cameriere si avvicinò e si abbassò per parlare ad entrambi, un brivido gli percorse la schiena.
«Questa sera» fece il giovanotto «la riffa consueta del venerdì del Cafè de Russie mette in palio per i suoi ospiti un abbonamento a quotidiani e riviste, signori. Vi lascio i biglietti». Glieli porse mentre riceveva il ringraziamento di lei ed il respiro profondo di lui.
Arrivarono al dolce quando vinsero la lotteria, insieme ad altri tre tavoli. L’avvocato, tra i complimenti dello staff alla reception, scrisse l’indirizzo della loro casa appena comprata con la sua Mont Blanc. Dalla prossima settimana “La Repubblica” sarebbe arrivata a domicilio. Con tanti saluti e baci a questa giornata.
Quella notte accese il portatile e verificò il contenuto del cd-rom. Aveva mantenuto le promesse: era tutto lì, immagini anche di sesso esplicito. Interni ed esterni. Carrellate e primi piani.
Spinse il tasto ed il supporto gli fu restituito intatto prima che lo frantumasse tra le dita per gettarlo nella 48 ore usata la mattina.
Il resto della notte furono sospiri e carezze, senza pause. Amanti senza testimoni. O almeno così sperava.

Quando il socio lo chiamò dalla sede di Firenze direttamente al suo numero interno, otto giorni dopo, rispose dopo mezzo squillo.
Fece appena in tempo a vedere che la moglie faceva trillare il suo cellulare nello stesso istante.
Ebbe la forza di prendere il giaccone e di infilare la porta.
Raggiunse il casello autostradale in un’ora, direzione “lontano”.
Si fermò all’autogrill, in preda al panico. Il dolore al costato ed il respiro affannoso lo rassicurarono. Pareva ancora vivo.
Tra il bar e l’edicola non fece in tempo neanche a finire il bicchiere d’acqua  e a sfogliare il giornale che aveva preso.
La cassiera tentò di fermarlo urlando, ma era già andato.
I fogli sparsi in terra che la ragazza ricompose nella rastrelliera le fecero pensare che ormai per il paginone centrale de “La Repubblica” i pubblicitari non avevano più idee. “Tuo marito è per sempre?” e le foto a puzzle di decine di donne con uno sconosciuto, sempre lo stesso uomo.

«Aspetta…» sussurrò la cassiera «… Ma questo era…»

mercoledì 6 aprile 2011

Per sempre (parte prima)

“Tua moglie e i tuoi figli vorrebbero sapere” iniziava il biglietto.
L’aveva aperta la segretaria e dalla fretta con cui gli aveva portato in stanza la busta gialla, aveva già compreso la gravità della vicenda.
Anche lei aveva visto, sebbene poi avesse richiuso in fretta il contenuto per consegnare il plico al legittimo destinatario. Niente timbri, niente date. Consegnata a mano.
“Hai 24 ore di tempo per effettuare lo scambio: 30.000 euro in contanti in cambio dell’unica copia del materiale in mio possesso. Alle 9 di domani mattina tua moglie saprà tutto. Non voglio solo i tuoi soldi, farò in modo che ti portino via tutto. Per sempre.” Stop. Nient’altro nel biglietto scritto al computer in bella vista ora sul suo tavolo.
Solo dieci foto che lasciavano immaginare chissà quale altro materiale pronto ad essere diffuso.
Gli ultimi mesi della sua vita parallela, adagiata sulle bugie, sui tradimenti, sulle scappatelle più o meno consenzienti, sui favori sessuali che aveva preteso.
Dettagli intimi che rassegnavano le vicende squallide della sua vita artefatta. Uno studio ormai avviato, interessi e fatturati per milioni di euro, clienti che si fidavano, collaboratori cui avrebbe dovuto spiegare. Due figli piccoli e una moglie giovane. Ma il totale, se sommato, ora faceva zero. Lo squallore della sua biografia scritta con le immagini nitide che aveva innanzi. L’epitaffio redatto in Arial su di un foglio.
Chiuse la porta. Il messaggio non riportava dove sarebbe avvenuto lo scambio, quindi l’anonimo si sarebbe messo in contatto. Lui non avrebbe provato a trattare, certo, ma avrebbe preteso la garanzia dell’esclusiva. Anche se non sapeva ancora come.
Annullò ogni appuntamento per la giornata e impartì ordini a tutti mentre correva nel corridoio. Scadenze da gestire tra mesi, qualsiasi cosa pur di sembrare sul pezzo nonostante la voglia forte di vomitare da dieci minuti.
Mentre usciva rigurgitò alla segretaria: “Girami tutte le chiamate sul cellulare”.
Quando si sedette in macchina si impose di essere lucido ed incontrovertibile.
Dieci minuti dopo era in banca, tra i saluti di tutti e il suo sorriso sghembo in quella mattinata in cui il cielo pareva scomparso, d’un tratto.
Si sedette nel caveau mentre attendeva l’arrivo dei 30.000 euro in contanti addebitati sul conto di studio. Quando la direttrice accompagnò l’impiegato con le mazzette, aveva già tutte le frasi in testa. Ciò che avrebbe detto. Nell’attesa. A chiunque.
Fece disporre le banconote nella 48 ore recuperata dal bagagliaio dell’auto, senza toccare nulla.
Congedò tutti in fretta e si diresse all’uscita. Fu a metà strada che Michela lo chiamò. «Avvocato, non dimentichi questa» mentre gli porgeva una busta bianca, sigillata «L’han portata stamane, avevan detto che sarebbe passato».
Avrebbe voluto domandare chi, ma gli uscì solo «Grazie» mentre infilava la lettera nella tasca della giacca.
In macchina respirò ed aprì. “Ore 13. Il tuo gioielliere ti aspetta. Passa dal retro”.
In Via Frattina, 13:03. Lì aveva comprato le fedi, quattro anni prima. Passò dal retro e Giovanni lo intravide dietro le saracinesche a metà.
Gli sorrise. Lo aspettava.
«Avvocato, sempre puntuale, la trovo in ottima forma, ma come sta?».
Tra chiacchiere estemporanee, con un paio di sguardi all’orologio gli fece capire che andava di fretta «Sa, gli affari…».
«Ma certo, certo. Sempre di corsa lei, però non perde mai l’occasione per regalare dei bei gioielli a sua moglie» mentre tirava fuori da sotto il tavolo la scatola nera. Ormai era in balìa degli eventi, pensò a stento.
Il diamante era strepitoso, senza eguali: un anello di insolita bellezza, intarsiato e lavorato come solo Giovanni aveva la premura di fare. Da oltre quarant’anni.
Pagò i 30.000 euro senza chiedere nulla su chi avesse ordinato quel gioiello, per lui. Diede quello che doveva, senza ottenere sconti o tirare sul prezzo. Non stavolta.
«Anche questa è sua» fece mentre infilava in un sacchetto la busta sigillata insieme alla scatola.
«Perfetto, grazie Giovanni. Sempre eccezionale!» si sforzò di dire.
Stavolta non arrivò alla macchina. Strappò la busta e respirò a fondo. “Ore 19:30 Cafè de Russie. La tua serata indimenticabile. Porta quello che hai ritirato poco fa. Avrai tutto indietro.” [...continua...]